
In realtà è stata indirizzata in prima battuta al settimanale Settegiorni, nelle cui pagine è stata pubblicata in versione sintetica per comprensibili questioni di spazio.
Rigiriamo la cartolina in versione integrale:
" Vi scrivo a seguito dell’articolo titolato “piste ciclabili pericolose...” pubblicato su settegiorni del 20 Novembre 2009, nel quale viene aspramente criticata la sperimentazione di una corsia ciclabile lungo via Umberto 1° a Lainate..
Premetto di essere conscio del fatto che qualsiasi nuova proposta rischia di scontrasi con il disaccordo e l'opposizione di chi, legittimamente, ha punti di vista e opinioni differenti, di chi vuole salvaguardare i propri interessi personali più o meno egoistici
Spiace però constatare che un progetto concepito come tentativo di miglioramento della qualità della vita collettiva abbia trovato una tale vibrante opposizione.
Ciò che ulteriormente spiace è il taglio dell'articolo il quale pare far intendere che buona parte della cittadinanza sia contraria alla sperimentazione e l’abbia bocciata senza appello, quando in realtà le lamentele arrivano da qualche residente di un palazzo che fiancheggia il tratto finale della pista.
Per questo motivo desidererei esprimere il mio punto di vista e confutare punto per punto le argomentazioni negative elencate all’interno nell'articolo.
Nell’articolo la corsia ciclabile viene definita “inutile e inutilizzata”, rispondo che un tale giudizio può arrivare solo da chi è abituato ha utilizzare sempre e solo l’automobile anche per i brevi spostamenti, chi al contrario è abituato a pedalare non può che usufruire della pista rendendola utile e utilizzata.
Inoltre la pista viene definita ”mal strutturata e pericolosa”, in effetti pericolosa lo è, pericolosa per i ciclisti, tanto quanto lo è ogni tratto di strada da condividere con le automobili, e lo è comunque meno di quanto lo fosse prima che venisse posta la segnaletica orizzontale. La soluzione migliore sarebbe prevedere un cordolo divisorio, ma considerata “l‘indignazione” provocata da una striscia gialla disegnata sull’asfalto non oso pensare cosa potrebbe scatenare la realizzazione di un cordolo in cemento.
Nell'articolo si polemizza inoltre sul fatto che “i ciclisti continuino ad andare anche in mezzo alla strada “, faccio notare che la pista è stata progettata proprio per ovviare a ciò.
Ci si lamenta soprattutto del fatto che “si rischia di trovarsi la bicicletta addosso prima di aver messo il muso della macchina fuori dal cancello”, mi stupisce una simile affermazione considerato che tra il portone e la pista esiste un ampio marciapiedi sul quale camminano i pedoni. Voglio sperare che fino ad ora prima di metter il muso della macchina fuori dal portone i residenti pronti a scendere sul piede di guerra si siano curati anche del passaggio dei pedoni.
Infine per quanto riguarda i pochi posti auto sacrificati vorrei ricordare che la realizzazione della ciclabile è un'azione tesa ad incentivare l'utilizzo della bicicletta da parte dei cittadini, eventualità che se venisse realizzata renderebbe superflui ben più dei tre parcheggi mancanti.
Vorrei terminare con una osservazione che potrà apparire ovvia: le biciclette hanno diritto di circolare tanto quanto le automobili e fino a prova contraria sono ciclisti e pedoni gli utenti deboli della strada e come tali vanno tutelati.
Siamo di fronte al paradosso di ritenere fastidioso e da osteggiare un mezzo ecologico che non inquina, non fa rumore, occupa poco spazio e si muove a una velocità umana mentre accettiamo come inevitabile la convivenza con mezzi a motore rumorosi, inquinanti, ingombranti e potenzialmente letali e a loro concediamo pienamente le nostre strade e le nostre città.
E' ora che questa tendenza venga invertita e che le strade tornino ad vissuto e non solo transitate.
Debba poi fuori dai denti questa protesta anticiclabile mi appare come l'apoteosi del “not in my backyard (non nel mio giardino)”, mi pare che la realizzazione di questo progetto virtuoso venga criticata da chi si sente costretto a spendere un supplemento di attenzione quando “mette il muso della macchina fuori dal portone”."
Giuseppe Airaghi