martedì 14 maggio 2019

Canto incivile


Questa volta vogliamo tentare un esperimento poetico: postiamo lo stralcio di un poemetto dedicato all'impegno civile e civico scritto da un autore del nostro comune.
Questa cartolina poetica parla del nostro territorio, della sua conservazione e di quanto i cittadini si sentano coinvolti dalle questioni pubbliche che non toccano la propria sfera privata:



















Canto incivile

dove nasce l'impegno politico e dove muore


I
Quando, approfittando del torpore dell'estate,
le ruspe abbatterono il palazzo dei Girami,
i camion portarono in discarica le travi di quercia,
le macerie dei soffitti affrescati
e la testimonianza dell'identità fondativa del mio paese
(autorizzati dall'ignoranza e dalla cattiva fede
di chi era rimasto a guardare).
Pensai che se così era stato fatto
era perché non si poteva fare altrimenti,
conformandomi al mio conformismo borghese
e al punto di vista della scimmietta
con le mani davanti agli occhi.
Fu il vento di quel crollo a farmi comprendere
che dirsi “è così che vanno le cose”
faceva di me l'inconsapevole complice dei carnefici.
(“Chi non è colpevole è complice” mi dissi).

II
Incoraggiate dal silenzio
di un popolo assente e bue
le ruspe sollevarono la polvere
sulla nostra beata ignoranza,
abbatterono i ballatoi dei vecchi cortili
(che credevamo eterni),
scavarono le fondamenta per caseggiati
che sarebbero rimasti invenduti,
sradicarono i roseti dalle radici tenaci
avvinghiate agli intonaci della facciata.
I roseti ricresceranno, mi sono detto,
possono crollare le mura,
se ne possono innalzare di nuove
(anch'esse destinate a essere abbattute)
ma le rose non potranno essere strappate,
rinasceranno ancora uguali a se stesse.
(“Tutto distrugge la volgare fiumana
dei pii possessori di lotti”).

III
Dalla finestra della mia cucina
per qualche tempo entrò una luce nuova
(precedentemente negata dall'incombenza
di quelle mura antiche).
Durò ben poco la luce:
il progresso reclamò mura più alte,
(prive di posti auto sufficienti preventivati a progetto).

IV
Sono sfioriti dagli intonaci antichi
i colori sul volto della madonna
dell'affresco paesano sotto il portone
del cortile con le case di ringhiera abbattute.
L'anziano pittore che ha smesso di dipingere
perché le mani non seguono più
le indicazioni della mente
autografando il libro di ricordi
aveva pianto:
Nei seminari insegnino storia dell'arte,
il patrimonio culturale del nostro paese
è in larga parte in mano ai preti
che di arte, notoriamente,
non capiscono un cazzo.
Se quel cortile è stato abbattuto
è perché ha ricevuto il beneplacito
di quel sant'uomo del nostro parroco
che bestemmiando si era giustificato:
ma l'è una cà vegia”.
L'anziano pittore ed io,
altro non siamo che nostalgici passatisti,
scettici alle novità,
lenti a comprendere i cambiamenti,
illusi che quello che era stato
fosse quello che era stato da sempre
e che per sempre avrebbe dovuto essere.
Dimenticando che prima del nostro passato
ce ne furono altri
differenti e traditi.
Si organizzino collette strapaesane,
vendite di torte casalinghe e di dolcetti
per ingaggiare il pittore che compia il miracolo:
mettere d'accordo mangiapreti e passatisti,
far rifiorire le aureole e gli sguardi,
restaurare una madonna e un passato posticcio
che ci ricordi chi eravamo
o credevamo di essere.
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