giovedì 1 aprile 2010

Per una cultura della mobilità

Riceviamo questa "cartolina da Lainate" e la rigiriamo alla vostra attenzione:

Il Consiglio Comunale aperto svoltosi lo scorso 25 marzo, dedicato alla presentazione del progetto relativo all'ampliamento dell'autostrada Milano/Laghi, ha visto la partecipazione attiva della cittadinanza, che ha espresso, com'era più che prevedibile, preoccupazione, sgomento, ed indignazione.
Sentimenti che, detto per inciso, mi trovo assolutamente a condividere.
Tuttavia, si possono leggere in tutto questo una serie di contraddizioni che coinvolgono trasversalmente molte forze in gioco, così come le stesse posizioni e rimostranze espresse dai cittadini.
Nessuno degli intervenuti sembra infatti aver minimamente tenuto in considerazione un dato oggettivo derivante da un fenomeno di ben più ampia portata: il potenziamento di questa infrastruttura, apparso praticamente a tutti come abnorme, coatto, cieco, incurante delle gravi problematiche che viene a creare nei confronti del territorio e della vita dei cittadini che lo abitano, è di fatto l'espressione di un intero sistema economico e produttivo, o meglio di un modello economico del quale non solo facciamo tutti parte, ma che addirittura invochiamo e difendiamo a spada tratta qualora qualsivoglia fattore minacci di comprometterne l'equilibrio e la stabilità, sul piano economico così come su quello degli interessi e dei vantaggi - pur presunti che possano poi rivelarsi - personali.
Lo invochiamo nel ribellarci alla chiusura di un importantissimo polo produttivo quale quello dell'AlfaRomeo, non solo sottolineandone le conseguenze in termini occupazionali (e quindi, appunto, economici), ma perfino rivendicando il valore storico e culturale che una realtà produttiva così radicata nel territorio ha significato sotto il profilo dell'identità culturale e sociale dei suoi cittadini.
Più o meno consapevolmente, riaffermiamo poi lo stesso modello attraverso l'uso massiccio che ognuno di noi fa dell'automobile.
Un uso incondizionato, irresponsabile: ciascuna automobile, che inquina, che riscalda il pianeta, che ingombra (anche dal punto di vista estetico/paesaggistico) rispetto ad ogni altra soluzione di mobilità, che diventa rifiuto in gran parte non riciblabile, ciascuna automobile trasporta nella maggior parte dei casi un solo individuo, il conducente.
Un uso non di rado maniacale, feticistico: l'automobile è ancora uno status symbol, la vogliamo bella, grande, potente.
E con l'automobile vogliamo andare dappertutto, la usiamo nei nostri piccoli centri urbani, in ogni via o vicolo, per spostarci di poche centinaia di metri, per raggiungere, partendo da casa nostra, ogni angolo del pianeta.
Ma non solo, esigiamo o almeno sognamo di farlo senza ingorghi di traffico, vogliamo correre, avere le strade libere, sgombre, veloci.

Insomma, vogliamo produrre automobili, per la sicurezza occupazionale rappresentata da questo settore e dall'enorme indotto produttivo che ne deriva.
Poi, indipendentemente dall'utilizzo che ne faremo, vogliamo innanzitutto possedere automobili, due, tre per nucleo familiare.
Infine, pretendiamo di utilizzarle senza alcuna presa di coscienza di quanto la scelta - radicale o anche solo occasionale - di ognuno di noi possa significare nei confronti di un'intera comunità, se non di un intero pianeta.
Automobili sì, allargamenti delle infrastrutture che ne celebrino con deliberata sfrontatezza l'assoluto dominio sulla nostra vita, no.
Una posizione come minimo incoerente, che non sembra curarsi di incentivare istanze, progettualità e ricerca rispetto a come sviluppare sistemi di mobilità alternativa e sostenibile.

Messi a confronto con la maggior parte degli altri paesi europei (ma non solo), non abbiamo nemmeno la speranza di vedere un giorno realizzata una rete ciclabile degna di tale definizione, così come non abbiamo speranza di poter usufruire di un servizio di trasporto pubblico che gratifichi l'utente, invece di mortificarlo attraverso i disagi ed il degrado che caratterizzano mezzi, "stazioni" e fermate.
In particolar modo per quanto riguarda la nostra specifica realtà locale, temo proprio che non abbiamo nemmeno la speranza di veder un giorno realizzato un centro storico pedonale, obiettivo peraltro raggiunto in altri comuni appartenenti alla nostra stessa area territoriale.
Il tutto, evidentemente, rinunciando perfino a pensare di poter perseguire e realizzare ben altro modello di qualità urbana, e con esso tutti gli effetti positivi di carattere sociale e culturale che potrebbero derivarne.
Il progetto della quinta corsia - con il suo esplodere di svincoli, rotatorie, ponti e rampe - rappresenta uno scempio per il nostro territorio e rischierà di compromettere ulteriormente la già precaria qualità della nostra vita?
Niente di più certo.
Pretendere però di impedirne la realizzazione senza voler mettere in discussione non solo un intero sistema di cui tale infrastruttura è parte integrante, ma altrettanto il peso che il comportamento e le scelte di ognuno di noi possono determinare, così come l'espressione civile di cui la nostra comunità potrebbe dimostrarsi capace, evidenzia grosse contraddizioni, non meno "insostenibili" dell'ennesima colata di cemento sulle nostre terre.
Massimo Giuntoli

2 commenti:

  1. In linea generale condivido quanto riportato e credo che la responsabilita' sociale di migliorare le cose stia in ognuno di noi.
    Credo pero' altresi' che non sia del tutto corretto riversare sui singoli l'intera responsabilita'. Cito a titolo di esempio che i collegamenti autobus dalla stazione di Rho per Grancia Pagliera, l'ultima volta che ho controllato risultavano avere l'ultima corsa serale alle 18:50. Se pensiamo che presumibilmente chi intenderebbe avvalersene lavora a Milano, diventa evidente che il servizio non e' fruibile: tralasciando il fatto che non eiste corsia preferenziale per i mezzi pubblici, per poterlo utilizzare bisognerebbe lavorare nelle prossimita' delle stazioni Garibaldi o Centrale, uscire alle 18:00 in punto e sperare che il treno non abbia intoppi. Francamene credo che siano un po' troppe le condizioni che si devono verificare tutte insieme e che la perseveranza richiesta al cittadino sia veramente sproporzionata rispetto alle possibilita' messeci a disposizione dalle istituzioni.

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  2. Le istituzioni siamo noi. Non possiamo sempre riversare la responsabilità su altri che amministrano male o non fanno le cose che servono. Purtroppo in italia si è radicata la convinzione che ci siano due schieramenti, i cittadini e gli amministratori. Ci si dimentica che gli amministratori sono cittadini e che i cittadini nominano altri cittadini come amministratori per amministrare ciò che è di tutti. Quindi non ci si può lamentare se gli altri non fanno quello che devono.....tutti noi non facciamo quello che dobbiamo. Se vediamo che qualcosa non va abbiamo tutto il diritto ed il dovere di prendere carta e penna e scrivere all'amministrazione, imporre che le cose vengano sistemate. Se tutti facessero così il pulman sarebbe messo nell'orario giusto o ce ne sarebbero più di uno. Ma siamo tutti troppo presi dal nostro piccolo orticello per curarci della foresta che lo circonda.....

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